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ELENA

ELENA

Elena simbolo di una bellezza pura, simile alle dee immortali, inafferrabile, oscura, difficile fragile e temibile, desiderata da ogni uomo. Provoca passione, lussuria, turbamento, gelosia, violenza. Doctor Faust chiede al demonio di poter possedere proprio la bella Elena. Fra i tipi femminili giuntici dall’antichità Elena è forse la figura più complessa. Essa ha in sé maschere contrastanti, e gli scrittori che ne hanno tramandato l’immagine inseguono ognuno una di queste maschere.

Il lavoro del Teatro Studio percorre differenti autori, gli arcaici Omero ed Euripide, i moderni Hofmannsthal, Ritsos.

La figura nasce nel mito e diviene umana. La sintesi, la risposta alla domanda “Elena chi è?” è lasciata allo spettatore.

testi elaborati e scritti, regia Mario Fraschetti

regia dei movimenti dei “ricordi” Laura Bambi

interpreti: Daniela Marretti, Luca Pierini, Lia Montanelli, Enrica Pistolesi, Silvia Schiavoni, Mirio Tozzini

Il cibo degli dei

“Il Cibo degli Dei”

è una lettura di testi legati alla cosmogonia (Esiodo, Omero, Apollodoro, Ovidio, Epimenide di Creta, Diodorosiculo). In questa lettura vengono messi in risalto i cibi più antichi conosciuti dall’uomo e gli scontri per ottenere il potere divino, e fornisce elementi molteplici di ampliamento e di discussione. La lettura prevede la interazione con il pubblico, interazione che varia secondo le fasce di età, rendendo il testo piacevole e comprensibile.

La lettura avvicina il pubblico alla comprensione del messaggio che attraverso la mitologia gli antichi volevano trasmettere: la comprensione del proprio essere integrato dentro il “sistema società”.

Consideriamo il mito come qualco­sa di contrapposto al vero, una sorta di “favola”; per le società arcai­che: il mito, per sua stessa natura, era vero, espressione della verità as­soluta, perché raccontava una storia sacra avvenuta in un tempo di­verso da quello quotidiano, nel tempo sacro degli inizi. Il mito è un mezzo per esprimere concetti troppo complicati o misteri e fenomeni, quali l’origine dell’uomo, la morte, eventi naturali a cui non si riesce a dare una spiegazione e per questo motivo il mito è strettamente legato alla religiosità.

Rivolgersi alla mitologia significa anche tentare di comprendere il pensiero dell’uomo oltre le mode e le società.

MEDEA

Fu veramente Medea ad uccidere i propri figli o l’intolleranza e il pregiudizio dei Corinzi?

Medea, un nome che etimologicamente significa “colei che consiglia”, una sacerdotessa-guaritrice che usa il sapere delle madri, un sapere che

 da Euripide in poi è fatto passare per

pericolosa magia. Il mito di Medea per due millenni è stato letto univocamente come la vicenda di una eroina che assolve fino all’ultimo il dettame divino della distruzione della stirpe di colui che commette una colpa fino a portarlo alla estrema tragica conseguenza di dar la morte ai propri figli.  Ma scavando a ritroso nel tempo si trovano altre interpretazioni, altre Medee, altri svolgimenti della vicenda. Se Medea non è infanticida, il valore stesso del mito cambia, come cambia la sua forza catartica che si indirizza allora verso altri obiettivi… Medea è l’eroina di un mondo, arcaico, religioso matriarcale, in contrasto con  un mondo razionale, laico, moderno. L’amore fra Medea e Giasone rappresenta il conflitto fra questi due mondi.

Lo spettacolo del Teatro Studio non dà una rilettura del mito, ma permette agli spettatori una interpretazione soggettiva, attraverso stimoli visuali, verbali e sonori. Il lavoro segue la struttura drammaturgica della tragedia di Euripide su cui si innestano testi di Valerio Flacco (Argonauticon Libri) e testi ispirati ai lavori di Krista Wolf, e la visione sociale di Pier Paolo Pasolini.

 

Regia ed elcborazione dei testi: Mario Fraschetti

Interpreti: Daniela Marrewti, Luck Pierini, Enrica Pistolesi, Silvia Schiavoni, Mirko Tozzioi, Michela Pii

Musiche originali e canto: Paolo Sturmann

Durata; 1’20

Cassandra – spettacolo

CASSANDRA

“I tuoi occhi vedono quello che credi di sapere, e per questo le cose sono ingannevoli,

ma il loro spirito no, non inganna…”

La enigmatica, misteriosa, giovane figlia del re di Troia, che ottenne dal Dio Apollo il dono della Veggenza ma che, per punizione dello stesso Dio, non venne mai creduta, giunta al termine della sua vita, ha visioni caleidoscopiche dei principali eventi del suo passato.

 

Cassandra di Krista WolfLa rappresentazione inizia in ambientazione attuale, i personaggi vengono risucchiati in un tempo remoto, in una dimensione in cui realtà e immaginazione si confondono, in cui passato e presente si mescolano.

La drammaturgia si lega all’Agamennone di Eschilo e ad altre fonti antiche (Euripide Ecuba, Licofrone Alessandra ed altri), con richiami all’opera di C. Wolf e  si muove per episodi, flash, impressioni, momenti, situazioni che vogliono evocare domande e confermare analogie con il presente.

L’opera, in una totale libertà di interpretazione del Mito, ci riporta ai grandi errori dell’umanità –  quello della guerra in primo luogo –  e coglie la capacità di cercare, di vedere, di gridare la verità e al tempo stesso l’impossibilità di incidere sugli eventi: così come la città di Cassandra, l’umano genere “sostituisce al vedere il vero, il vedere la finzione”.

 

Elaborazione del testo e regia: Mario Fraschetti

Interpreti: Daniela Marretti, Luca Pierini, Enrica Pistolesi, Mirio Tozzini, Lia Montanelli, Silvia Schiavoni

Durata:    1’10

Iliade

ILIADE

“Omero, nell’Iliade, ha tramandato, tra le righe di un monumento alla guerra,
la memoria di un amore ostinato per la pace.
A prima vista non te ne accorgi, accecato dai bagliori delle armi e dagli eroi. Ma nella penombra della riflessione viene fuori un lato dell’Iliade che non ti aspetti…” (A.Baricco)

Sulle rapide navi che solcano i flutti le donne troiane vanno prigioniere verso la terra greca. Pensieri legati ad un futuro incerto e al recente passato della guerra trascorsa.
Una guerra “pura” nella sua ineluttabilità voluta da un disegno divino piuttosto che dagli uomini.
Testi di Euripide (Ecuba, Troiane, Andromaca, Elena), si intrecciano con le vicende Omeriche dell’antico scontro fra la forza che difende e sa di aver molto da perdere, Ettore e la forza che distrugge e si distrugge, Achille, una dipendente dall’altra. La musica sottolinea e spezza momenti di pathos e momenti di riflessione. L’azione scenica fa emergere tutta la bellezza e la drammaticità di un testo che vuole parlarci innanzitutto dell’orrore della guerra.

Durata: 70’

Interpreti: Daniela Marretti, Enrica Pistolesi, Lia Montanelli, Luca Pierini, Irene Paoletti, Luca Baseville
I testi sono stati elaborati da Mario Fraschetti e Daniela Marretti
Musiche originali di Paolo Sturmann

Maschere Ilaria Tinelli
Regia Mario Fraschetti

omero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E il dio stesso con la destra letale guidò il dardo
E fu infallibile

GILGAMESH

Gilgamèsh

 

Gilgamesh “Il Messia che ritorna” poema epico giunto fino a noi dalla antica terra di Accadia dopo un viaggio di circa 5000 anni, trascritto in caratteri cuneiformi su 12 tavolette. Il ritrovamento avvenne in Mesopotamia a metà del XIX secolo. Il testo tratta della Epopea del figlio delle due divinità Ki la grande madre, ed En suo sposo. Gilgamesh, l’uomo-dio, lo splendido re di Uruk, che scopre che “per liberarsi dalla paura della morte bisogna trovare tra gli uomini e con gli uomini il senso della vita“. Il mitico eroe Gilgamesh, di cui si trova traccia in documenti del 2600 a.C., “che vide e conobbe ogni cosa, che cercò la vita per strade lontane. Percorse il mondo nelle quattro direzioni, scoprì cose nascoste e svelò segreti che risalivano indietro nel tempo fino a prima del diluvio. In ogni cosa e per ogni dove cercò la saggezza perfetta”.
GIlgamersh spettacolo teatrale site specificGilgamesh è il fondatore della città di Uruk, riesce ad ammansire Enkidu suo fratello creato dalla coppia divina ma questi muore nel tentativo di combattere la morte. Gilgamesh raggiunge L’isola dei Beati e qui riceve alcuni consigli che permetteranno di evitare per sempre la vecchiaia agli uomini. L’eroe li segue e raccoglie in fondo al mare una pianta miracolosa che ha un seme che conserva l’eterna gioventù. Ma un serpente ingoia il seme e sottrae a Gilgamesh il prezioso dono così faticosamente ottenuto.
E questa un’opera coraggiosa, fuori dalle tradizioni letterarie del mondo antico, che comunque allarga la visione e la conoscenza di quella storia che riguarda terre del vicino Oriente, con rigorosa attenzione filologica alle testimonianze che ci sono state trasmesse per millenni nella difficile scrittura cuneiforme.
La versione del poema da cui è tratto lo spettacolo è la traduzione lirica di Mario Pincherle Personalità poliedrica, sempre teso idealmente verso tutto ciò che è antico nel senso di perduto, dimenticato. “Restauratore di perfezioni perdute” come egli stesso si definisce. Grande archeologo, poeta e attento studioso dell’uomo, Pincherle riesce a comunicare con estrema semplicità le più straordinarie scoperte. Esperto conoscitore di paleotecniche afferma che l’archeologo deve basarsi sulla conoscenza delle tecniche di realizzazione degli oggetti perchè è attraverso il “fare” che si scoprono le funzioni del pensiero .Nel suo percorso di archeologo si è trovato di fronte a problemi inerenti i poteri della mente che ha affrontato in modo scientifico giungendo così a scoprire gli Archetipi e a capirne l’importanza e le grandi possibilità che da essi scaturiscono per far raggiungere all’uomo l’alto pensiero creativo.
Mario Pincherle è autore di molti volumi di archeologia, tecniche dell’antichità e parapsicologia. Le sue straordinarie scoperte, hanno sfatato grandi falsi storici e svelato misteri dell’antichità.

Il teatro studio tenta un’impresa di alto valore culturale: rappresentare e rendere fruibile a spettatori di oggi le antichissime leggende delle civiltà mesopotamiche, sepolte dalla sabbia del deserto e del tempo. Poco conosciuta al di fuori del circuito accademico, la letteratura mitologica degli Accadi presenta notevoli punti di contatto con quella delle grandi culture occidentali e testimonia la ricchezza e la complessità di una civiltà straordinaria. Queste leggende “pur essendo le più antiche storie del mondo, sono storie ancora nuove” .
L’esperienza maturata negli anni passati nella rappresentazione dei tragici greci si riconosce nel modulo rappresentativo dell’opera. La regia dello spettacolo è effettuata da Mario Fraschetti.
La scrittura dell’adattamento tetrale è ancora in atto e il suo sviluppo è anche conseguente a diversi laboratori che il regista conduce sul lavoro.
L’opera, concepita per essere rappresentata in siti archeologici o spazi naturali suggestivi, trae da questi un ulteriore stimolo per la fantasia del pubblico, ed usa contemporaneamente più livelli di comunicazione

A chi fosse interessato ad inserire lo spettacolo nella programmazione estiva. chiediamo di mettersi sollecitamente in contatto con noi

Le rappresentazioni si effettuano preferibilmente con luce diurna, in areee con un fascino particolare a livello artistico o ambientale. Non prevedono scenografie aggiuntive, o uso di apparecchiature tecniche (in diurna): Anche l’area destinata agli spettatori deve rimanere il più possibile immutata. E’ necessario un sopralluogo preventivo per verificare la fattibilità dello spettacolo nell’area prescelta e per l’ottimizzazione dello spazio a disposizione.

 

Il Teatro Studio, gruppo diretto da Mario Fraschetti, svolge una ricerca sul teatro delle origini, su forme sottili di comunicazione e sullo stretto rapporto fra ambiente espressività ed emotività.

Questo lavoro, l’amore per la storia e per il territorio ha portato alla produzione di una serie di forme spettacolari, concepite ad hoc per determinati luoghi. “Le rappresentazioni assorbono il fascino dello spazio in cui si svolgono e lo restituiscono amplificato allo spettatore, dando suono alle tracce lasciate dai carri, in una sospensione temporale dove passato e futuro si esprimono nell’unica vera categoria: un infinito presente.” I “santuari” archeologici e naturali, devono essere usati con grande sensibilità e rispetto e per questo non tutte le performances artistiche possono essere ospitate: solo interventi direttamente ispirati da questi luoghi possono dare un senso di continuità e di vita alle pietre.

I principali interventi da noi realizzati in questo filone negli ultimi anni sono: Rumori, azione di “incartamento” delle Cascate del Mulino (Saturnia GR) In… certi luoghi, performance gestuale nella fornace abbandonata (Chigiotti – GR) durante una mostra d’arte contemporanea Fuochi, performance notturna, azioni di “assorbimento” nella natura – presso il torrente Trasubbie (GR) Tatsebao, azioni e immagini nella cornice architettonica delle Mura medicee (Cassero – GR) I sogni che non vanno via, passaggi di maschere in spazio urbano -Massa Echi, performance gestuale – Monastero di Santa Maria in Camprena (SI) Trans object, performance in occasione di una personale di un artista contemporanea (V. De Neve) lago di Lucerna Arkhaikos ’95, Dimensioni parallele -(di Hal Yamanouchi), spettacolo teatrale Anfiteatro Romano di Roselle – GR – “Arkhaikos ‘ 96, Porta di Fuga- spettacolo teatrale (di Hal Yamanouchi) Anfiteatro Romano di Roselle (GR) – I Trionfi di Mario (Roma) – Tomba del Diavolino (Vetulonia GR) I Persiani – Prometeo Incatenato – I sette contro Tebe – Agamennone di Eschilo, Le baccanti di Euripide Le >Nutrici e Atamante -da i frammenti di Eschilo spettacoli. teatrali – Anfiteatro di Roselle , area archeologica di Cosa ,(Gr) parco Archeologico di Baratti, parco archeologico di Campiglia (Li) Rocca degli Alberti (Monterotondo) Murlo e Sovicille (SI) Siddharta – dal romanzo di H. Hesse Come sopra)In questi lavori, tutti realizzati senza apportare mai elementi di modifica al sito, l’ambiente ha svolto un ruolo assolutamente determinante, tanto che la stessa rappresentazione, svolta in luoghi differenti , ha finito per diventare ogni volta qualcosa di molto diverso e particolare.

Lo spettacolo ha sovente costituito l’occasione per il pubblico di visitare per la prima volta luoghi di grande attrattiva.

E se veramente Gilgamèsh avesse calcato la maremma , oltre 5000 anni fa? Mario Pincherle l’archeologo che ha tradotto il poema epico da cui è tratto lo spettacolo Gilgamèsh che il teatro studio di Grosseto a messo in scena per la prima volta nell’estate 2004,sostiene che le mura ciclopiche di Orbetello,

ansedonia orbetello

Cosa, Roselle, Vetulonia, furono concepite da architetti mesopotamici in tempi ben più remoti degli Etruschi seguendo un sistema di progettazione che permetteva di costruire muraglie gigantesche resistenti ai movimenti tellurici e capaci di sopportare i naturali spostamenti del terreno dovuti al peso enorme dei massi. Queste teorie sono illustrate su due libri “Il porto segreto di Orbetello” e” le civiltà minoiche in Italia”

La archeologia ufficiale considera queste tesi eretiche, ma Pincherle supporta le sue tesi con argomentazioni serie ed intriganti.

Lo spettacolo quindi assume anche un’altra valenza parla di fatti che forse erano agli albori degli insediamenti umani nel nostro territorio. Una curiosità, un interrogativo un pensiero che ci avvicina ad una cultura estremamente evoluta proveniente dal martoriato Iraq.

La scelta del lavoro è nell’ambito della ricerca sul teatro arcaico che il teatro studio porta avanti da oltre un decennio. L’epopea mesopotamica di Gilgamesh, il più antico testo scritto della nostra cultura. Nell’opera vi è la chiave per capire alcuni misteriosi fatti della protostoria che vengono ritenuti fiabe. Un frammento della realtà della “buona novella” che i profeti hanno invano tentato di diffondere fra gli uomini, occupati più a guerreggiare e ad opprimersi a vicenda, che ad ascoltare.

GILGAMESH (Il Messia che ritorna) Scena per scena

1 Si parla di Gilgamesh, il Re vero e delle sue imprese

2 Enki (Gilgamesh) è figlio di En e Ki. I suoi genitori celesti per completarlo, mandano sulla terra un suo fratello umano Enkidu
3 Enkidu vive perfettamente integrato con la natura nella foresta. I due fratelli si incontrano e dopo uno scontro incruento, la superiorità di Enki è riconosciuta. Decidono insieme di compiere grandi imprese e di sconfiggere il male.

4 Enkidu ritiene che la sorgente del Male , sia Humbaba il guardiano delle tenebre e che sconfiggendolo si eliminerà la morte. Egli non crede a quanto Enki afferma: “la morte non esiste e niente è destinato a finire nel nulla”

5 Enki lascia Ad Enkidu la libertà di scegliere come agire: Enkidu abbatte alcuni alberi sacri ed uccide Humbaba. Questa azione produce la sua morte, perché è la paura stessa della morte che la genera

6 Enki si dispera per la morte del fratello umano. Il suo dolore è così grande che fa vacillare le sue convinzioni sulla non esistenza della morte.

7 Per avere una risposta al suo dilemma si reca dall’essere più saggio che esiste sulla terra, il vecchio Utnapishtim (Noè) che è anche suo zio

8 Noè gli riconferma quanto egli già sa come figlio divino: Il male non esiste in natura e la morte è un falso pensiero dell’uomo.

9 Come dono di partenza per l’ospite Utnapishtim indica a d Enki dove potrà raccogliere il seme trilobato della vita che donerà al suo possessore l’immortalità. Con l’intento di farne dono agli uomini Enki raccoglie il seme da una pianta piena di spine in fondo al mare e si ferisce le mani. Mentre soddisfatto si riposa il seme viene ingoiato da un serpente che acquisisce così la capacità di rinnovarsi lasciando la vecchia pelle.

10 Enki capisce che il seme trilobato della vita non può essere donato ma deve essere conquistato da ogni individuo. Enki ritroverà Enkidu ed eterni torneranno a ridere insieme.

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