CASSANDRA di Serenella Bischi

CASSANDRA

di Serenella Bischi

“Temevo il peggio, non perché intuivo il piano dei greci mossa dopo mossa, ma perché vedevo l’incontrollata baldanza dei troiani” (C. WOLF, Cassandra, Edizioni e/o, Roma 1990, pp. 168-69). Le parole che Christa Wolf fa pronunciare alla sua Cassandra potrebbero benissimo, a nostro avviso, fungere da sintesi del messaggio che emerge dalla Cassandra del Teatro Studio.

spettacolo teatrale da RistosUn allestimento, come sempre, straordinariamente capace di cogliere gli aspetti essenziali, perennemente attuali del mito, ancora una volta riportato in vita tra i resti del nostro passato, a riempire i vuoti lasciati dalla caduta delle pietre, dal tempo e dall’oblio, per ricostruire, come in una progressiva elaborazione virtuale, l’intero del nostro patrimonio di memoria storica e di funzioni archetipe. La prospettiva da cui si sceglie di ricostruire questa interezza perduta è sempre estremamente convincente nei lavori del Teatro Studio: parla del nostro presente e della nostra storia direttamente alla nostra concretezza di spettatori, chiamati in causa ciascuno individualmente, resi partecipi di un rito ricostruttivo e celebrativo qual è, nei suoi momenti più alti, il teatro. Ne è testimone la religiosa attenzione del pubblico, la sua presenza totale, oseremmo dire in corpore et anima, mente e cuore, che sempre accompagna le rappresentazioni della compagnia di Mario Fraschetti. La distanza tra il pubblico e la scena è come annullata sin dall’inizio: turisti si aggirano tra le rovine del sito archeologico, si confondono tra il pubblico e lo immettono, man mano, direttamente nella dimensione del narrato. Così, è rappresentata (spesso con un’ironia capace di suscitare quel riso liberatorio che è riconoscimento di sé) ed entra a far parte del gioco anche la nostra identità e presenza di turisti spettatori, tanto che ti ritrovi in maniera del tutto naturale trasportato nello spazio e nel tempo, ad assistere da compartecipe e coevo ai tragici fatti narrati.

Attualità e mito, quindi, si sovrappongono ancora, vengono a coincidere nei punti in cui la realtà tocca la propria essenza, e ognuna delle due dimensioni, quella mitologica e quella del presente storico, è letta alla luce dell’altra, ne è come attraversata e perforata in un crescendo di momenti epifanici che ci conduce in maniera naturale ad una ristabilita dimensione di onnipresenza e totalità. E, ancora una volta, così come accadeva nelle Baccanti, sono i personaggi femminili il tramite di questa apertura della coscienza che squarcia il velo verso il passaggio all’oltre, a quella “trascendenza” troppo spesso fraintesa come alterità e distanza, non essendo, al contrario, che suscettibilità di valore altro rispetto a quello che il limite della coscienza ordinaria attribuisce alle cose. E’ grazie a questa prospettiva di annientamento delle distanze e del tempo che è possibile “leggere il futuro”: la preveggenza di Cassandra non è che denuncia di realtà già in atto ( “Siatemi testimoni che sulla stessa traccia intuisco il futuro e mali accaduti in tempi remoti”). Denuncia non a caso inascoltata da chi è ancora schiavo di una lettura dicotomica del reale, quella lettura che – per richiamare ancora la Cassandra di Christa Wolf – impedisce di vedere che occorre “combattere il male prima, quando ancora non si chiama guerra” e che “tra uccidere e morire, c’è una terza via, vivere” (C. WOLF, op. cit., p. 131 e p. 147). Una lettura che rimanda costantemente e irresponsabilmente ad altri (agli Dei così come al fato) le cause dei propri mali (“ ognuno dentro sé ha una Cassandra – dice la turista al suo compagno – l’intuito che ti mette in guardia…poi la ragione molte volte ci impedisce di seguirne le indicazioni”).

La donna (o, se vogliamo, quell’aspetto recettivo e intuitivo storicamente appannaggio del femminile), dicevamo, come potente canale di comunicazione, in ultima analisi, con la nostra stessa natura, che è la natura di tutte le cose. Quella natura assieme a lei costantemente ridotta in negativo, demonizzata ed esorcizzata da secoli di una cultura che, come Fraschetti fa dire ancora alla sua Alessandra-Cassandra, perde il senso del tutto nella quasi esclusiva attenzione alle parti, in definitiva, nel suo rifiuto di ascolto delle cose: “ Voi uomini guardate solo l’aspetto parziale delle cose, la parte illuminata, mentre quella in ombra vi è invisibile”.

Non a caso il viaggio “a ritroso” o in profondo, nell’ombra di quelle parti oscure da cui pare costantemente voler fuggire la coscienza ordinaria, inizia con uno “straniamento”, con quel punto “di grazia” in cui la totalità ci invade azzerando ogni ordinaria percezione di sé e del mondo, facendoci guardare alla realtà con occhi nuovi (assieme alla visitatrice Alessandra-Cassandra, non sappiamo più dove realmente siamo, che luogo sia questo e come ci siamo arrivati). E il viaggio, l’inizio stesso del racconto, sembra poter partire solo da questa sorta di azzeramento delle proprie convinzioni, di ciò che fin qui siamo stati e crediamo di essere. E’ solo in questo vuoto di sé che possono trovare spazio la visione e la profezia.

Così, il sovrapporsi del piano della narrazione mitica a quello del racconto scenico che gli fa da iniziale pretesto (i turisti in visita al sito archeologico) avviene attraverso un’”identificazione-sdoppiamento” della figura femminile guida. Sdoppiamento che progressivamente, nel corso della rappresentazione, diverrà un crescendo di vera e propria corale “moltiplicazione scenica” di Cassandre. Tutte a ricordarci che, per chiunque voglia davvero leggerli, passato, presente e futuro sono un libro aperto.

Ci piace questo “teatro povero” ricchissimo di senso, di inventiva e di fisicità, di suoni evocativi (bellissima la vocalità), di gesti plastici ma strettamente funzionali, dove spazio e narrazione si legano indissolubilmente, sembrano organicamente germinare l’una dall’altro, e dove ogni oggetto scenico (fino al più scarnamente emblematico, come gli stracci sottili dipinti con chiazze di rosso e furiosamente sparpagliati al vento: inequivocabilmente il massacro dei figli di Tieste da parte del fratello Atreo) non ha bisogno di essere spiegato, è evidente e apparentemente insostituibile nella sua funzionalità.

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